mercoledì 8 ottobre 2014

Poche ore a Edimburgo: abbastanza per innamorarmene follemente

Mezz'ora di treno tra prati verdi e mucche rilassate.
Di tanto in tanto una rapida fermata, un orto, un cimitero di campagna, i tetti delle cittadine che attraversiamo.
Impaziente, scruto dal finestrino. Il paesaggio comincia a cambiare e l'avvistamento di guglie varie conferma che siamo finalmente in città.


Edimburgo mi accoglie in grande stile, mi conquista ancora prima di mettere piede giù dal treno: il castello mi da il benvenuto, dalla sua rupe, guardandomi bonariamente dall'alto e io lì, col naso all'insù attaccato al finestrino, davvero non me lo aspettavo di passargli già così vicino. Il livello di euforia a quel punto aveva già raggiunto limiti difficilmente controllabili.
Arrivati alla stazione di Edimburgo Waverley, l'incanto non si interrompe: la città continua a salutarmi dall'alto, attraverso le vetrate che formano il soffitto della stazione, e la voglia di uscire lì fuori è incontenibile.
Poi si esce, un suono lontano di cornamuse mi accoglie mentre il vento mi spettina i capelli.
Quel brivido che mi scorreva lungo schiena e braccia, era inequivocabilmente pelle d'oca. Il tempo di guardarmi intorno, gli occhi affamati e il sorriso stampato, fare i primi passi su Princes Street, guardare a sinistra e poi davanti a me, lo Scott Monument, e la musica, le cornamuse sempre più vicine, seguirle come un canto di sirene, euforica, ipnotizzata, commossa da tanta bellezza tutta insieme. E la sento, una lacrimuccia di felicità che spinge per uscire, inadeguata, e viene bloccata a fatica dal buon senso.




Un colpo di fulmine. In piena regola.

Cercando di ricompormi dall'emozione, mi riunisco corpo e (mezza) anima agli altri e ci lanciamo all'esplorazione. Attraversiamo Princes Street Garden, passando davanti alla Scottish National Gallery e ci dirigiamo verso la scalinata che porta su Market Street. La passeggiata nel parco ha, tra l'altro, previsto l'incontro ravvicinatissimo con uno scoiattolo dall'aria strafottente che ci ha prima intimato con lo sguardo di dargli qualcosa, e poi si è lanciato direttamente di corsa verso di noi, con tanto di urla isteriche di Niccolò, che fuggiva. Belle cose.


Con un accenno di fiatone, sbuchiamo su Market Street, la attraversiamo, giriamo su Bank Street e ci ritroviamo sul famosissimo Royal Mile, decisi ad andare a conoscere il castello da vicino, ma, prima di tutto, a pranzare.
Ovviamente, ci lanciamo più o meno nel primo pub che troviamo, che nonostante le scarse aspettative si rivela niente male. Anche la vista ha il suo perché e l'atmosfera è rilassata e accogliente.


Qualcuno ha provato l'haggis e ce l'ha tipo ancora sullo stomaco, ma con soddisfazione.
Quel qualcuno non sono io ovviamente.

Riforniti oltre il necessario di grassi saturi e birra, ci incamminiamo finalmente verso il castello, camminando lentamente e godendoci l'atmosfera del Royal Mile, sicuramente turistica ma terribilmente affascinante.




Quando dico turistica intendo che trovi gente vestita da William Wallace con cui fare la foto, kilt sintetici e cashmere come se piovessero in vetrina, e addirittura gente vestita da Chewbacca col kilt-nonchiedetemiperché; episodio, quest'ultimo, che ha provocato un leggero scompenso nel mio cinquenne coraggiosissimo. Anche se il tocco di grazia gliel'ha dato, poco dopo, uno agghindato da Yoda che "volava" sul marciapiede, al cui incontro Nicco ha fatto quattro salti indietro e lo sguardo inorridito, mentre quello, non contento si fermava e lo indicava. Il terrore per un minuto. Ovviamente non gli abbiamo lasciato manco un penny, in compenso c'abbiamo guadagnato sicuramente qualche notte insonne con Nicco con gli incubi :)

Tra una stranezza e l'altra si arriva al castello.
 La vista dall'Esplanade è molto bella; quello che mi colpisce particolarmente è che ci siano colline verdi e assolutamente vuote a vista d'occhio, nonostante la città non sia troppo piccola. Fa un bell'effetto, e fa tanto Scozia da cartolina (e noi, ovviamente, non l'abbiamo fotografato -.-).

L'ingresso al castello è "leggermente" proibitivo, e infatti abbiamo rimandato a una visita futura, anche per il poco tempo a nostra disposizione, in realtà.


Ridiscendiamo lungo il Royal Mile, arriviamo a St Giles, la cattedrale, e il mio entusiasmo si smorza quando scopro che non è visitabile dalle due alle quattro per una funzione privata e, toh, sono le tre e abbiamo il treno alle cinque. Anche qui, torneremo presto.
Continuiamo a camminare, affacciandoci più o meno ad ogni Close che incontriamo. Anche qui, con ogni scorcio è amore a prima vista.



Arriviamo all'incrocio con Cockburn Street e, ovviamente, la imbocchiamo.
Tappa obbligatoria di chiunque passi da Edimburgo, la famosissima strada ci accoglie, caratteristica e piena di negozietti tipici e locali.





Siamo di nuovo giù, in Market Street, attraversiamo il ponte sulla ferrovia e siamo a Waverley. Troppo poco tempo per arrivare a Holyrood e Arthur's Seat, così camminiamo senza meta, guidati dal flusso di gente che si dirige verso Leith Street.

Passato il centro commerciale, l'atmosfera si fa decisamente meno turistica e più intima.
Camminiamo su Broughton Street, poi Albany Street e risaliamo da Dublin Street, e ammetto di aver sbirciato in ogni basement e finestra a pianterreno per cogliere un po' di più della vita della città. Immaginando di viverci, indovinando la vita di chi ci abita davvero, solo guardando un dettaglio alla finestra.
Ho adorato i mini cortili allestiti nei basement, oltre ai localini e ai negozietti nascosti lì, nei sottoscala. Delizioso, è l'aggettivo che sceglierei per tutto questo.



Tempo di ripassare da York Place ed è già ora di salutare la città.


Ci avviamo alla stazione, mi porto dietro una scia di felicità ed entusiasmo che mi accompagnano lungo tutto il viaggio, nonostante la stanchezza, di tutti, soprattutto quello sotto il metro e mezzo, si faccia sentire.

Il ritorno a Falkirk, dopo una giornata così densa di emozione, è strano. L'impatto è una sensazione di vuoto, ma anche di rassicurante tranquillità che ti fa sentire a casa.
Ma questa è un'altra storia.




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