giovedì 1 marzo 2012

Flusso di (in)coscienza

Con la punteggiatura e tutto il resto, ma pur sempre flusso è. 

Ho un blocco. Vorrei scrivere ma mi fermo un attimo prima di fissare i pensieri, rapidissimi, sulla carta (o pc, quello che è).
Il fatto di fermarmi un attimo prima è una costante nella mia vita (ok, tranne per qualche evidente eccezione). Mi fermo prima di fissare, e vado oltre, vado avanti, arriva un altro pensiero, un altro progetto e mi scordo quello precedente. Il quale inevitabilmente si ripresenta un po’ di tempo dopo portandosi a braccetto quella sana dose di frustrazione che mi assale nel ritrovarlo ancora lì, incompiuto e annoiato.
Certo, una cosa c’è da dirla: che non si possono portare avanti settecentotrentaquattro progetti contemporaneamente, né tantomeno sperare di trovare le energie necessarie per cominciarne uno come si deve se intanto il cervello è affollato. Stimoli, quelli sì, ce ne devono essere settecentoepuredipiù, e bisogna saperli cogliere. Ma a un certo punto bisogna focalizzarsi, se si vuole fare qualcosa nella pratica e non continuare a fantasticarla, o no? Così mi dicono dalla regia.
Non sono mai stata molto determinata, nel senso che non ho mai avuto un obiettivo chiaro e definito da perseguire. Suggestioni a non finire, cose cominciate e lasciate a metà (nella migliore delle ipotesi), cose rimaste solo nella testa ma talmente reali da togliere energie.  
Sono troppo curiosa, ecco. Mi viene in mente un’immagine di me da piccola che entro in un ristorante self-service armata di vassoietto e fame chimica e prendo trecento cose diverse in preda all’entusiasmo: a tavola spizzico di qua e di là e non riesco a finire tutto, è troppa roba. Può rendere bene l’idea dire che sono rimasta a quel punto, tale e quale. Con la stessa fame chimica di una volta (metaforica e non) mi lancio entusiasta su tutto quello che mi capita a tiro, mi assorbe del tutto per un po’ e poi passa, inevitabilmente, mi stufa o semplicemente è appunto troppa roba. 
C’ho l’entusiasmo a progetto io: mi sveglio una mattina convinta di aver trovato lo scopo della mia vita, capace che ci dedico pure parecchia attenzione e approfondimento, poi la sera vado a letto e la mattina dopo … altro giro altra corsa. 
Una persona che mi conosce bene dice sempre che non si stupirà il giorno che le annuncerò solennemente di voler aprire un allevamento di piranha. E in realtà nemmeno io. Un altro, chissà chi è, dice che non mi segue, ma si è rassegnato, anzi spesso tenta di incoraggiarmi ogni volta che ne trovo una nuova.
La cosa veramente fastidiosa è quella sensazione che provo, quando mi dedico totalmente a una cosa, di star tralasciando le altre e sentire che fare una cosa sola ma fatta bene è in fondo uno spreco perché mi perdo la gioia del saltellare da una all’altra, arricchendomi ogni volta di moltissimi stimoli. Sì, ma il punto è sempre quello: che ci devo fa con ‘sti stimoli se poi non li applico? Eh.
Mi sento come i bambini che quando gli chiedi che vogliono fare da grandi ti rispondono: l’astronauta e l’esploratore e il pianista e il fotografo e l’attore famoso e il nuotatore (no forse questo no, o solo io avevo l’ansia già dalla mattina che sapevo di dover andare a nuoto? Ma vabbè.). 
Ecco, io nell’ultimo mese ho seriamente pensato, dedicandoci per di più alcune serissime ore della mia vita (sprecate, direte voi) di: iscrivermi di nuovo all’università, ma stavolta a lingue; riprendere in mano la macchina fotografica decentemente; aprire una casa famiglia per i bambini; cucire circa 30 costumi per un videoclip ( e questo devo farlo davvero!); vendere borse fatte da me; prendere in gestione un bar; trasferirmi all’estero; comprare un casale in campagna e fare l’orto come scopo della mia vita; aprire un’associazione culturale e altre che, ahimè, mi sono persa per strada. That’s it. Inconcludente di professione.
È che io ci provo continuamente a fare pace col cervello, ma mi manca il metodo. E anche il coraggio di fare delle scelte vere, perché scegliere significa escludere qualcosa e io sono affetta da una gravissima forma di indecisione cronica. Il metodo, certo, mi manca in tutto, devo dirlo. Io faccio e basta, senza programmare troppo e senza stare a ponderare bene prima. Prendo e mi lancio, per le riflessioni c’è tempo dopo, e ci saranno ... ah se ci saranno. 
E pure i bilanci. Che ho concluso? Un cavolo. Che voglio fare da grande? Ehm...
Ma poi uno, quand’è che diventa grande? 

1 commento:

  1. Come hai ragione..... anch'io sono "sovraffollata" di stimoli ed idee, quali seguire, quali scartare????

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