sabato 4 ottobre 2014

IL form

E infine David si è palesato. L'universo ha accolto il mio SOS.

Ovviamente, non poteva accadere in un momento in cui mi trovavo rilassata sul divano di casa, no; anche stavolta il vassoio ha squillato quando non doveva: esattamente alle 2 e 58 di un venerdì pomeriggio, nel parcheggio antistante la scuola di Niccolò.
La campanella dell'uscita suona alle 3.
Io, di nuovo senza auricolari.
Fantastico.

Almeno non ero sola e Fabio ha provveduto al raccattamento del figlio, mollandomi con 'sto coso che squillava, semi nascosta tra le macchine parcheggiate, a cercare di isolarmi il più possibile.
Rispondo ed eccoci qui, David, a noi, finalmente.

E che voleva? Offrirmi un lavoro fighissimo e super pagato? Informarmi che un ignoto parente era deceduto dall'altra parte del globo lasciandomi un'eredità tale da campare di rendita vita natural durante?
Sembra incredibile, ma niente di tutto ciò.

Dovete sapere che sto affiancando la mia ricerca di un lavoro qualunque alla ricerca di qualcosa, qualunque, da fare durante le mie giornate ancora poco indaffarate. E così prenoto lezioni di arte, mi incastro in impegni segretissimi e indicibili e esilaranti da raccontare se solo potessi, vagabondo per la città, scrivo i meglio affari miei su un blog e mi propongo per progetti di volontariato.
Volontariato? Tesoro bello, stai là pe' lavorà, mo' che c'entra il volontariato?-giustamente mi faceva notare qualcuno poco fa su whatsapp.
Eh, lo so, ma io da qualcosa dovrò pure cominciare, io sono un essere sociale, socievole, socializzatore.
Tra un po' parlo con il frigorifero e mi rispondo con le letterine magnetiche che ci stanno sopra, capitemi.

E così mi sono proposta come volontaria in uno dei numerosissimi charity shop della città.
I charity shop, che genialata. Io li adoro.
Per chi non avesse idea di che diavolo siano, si tratta di punti vendita che fanno capo a fondazioni varie, a cui la gente regala ciò che non gli serve più (mobili, vestiti, libri e chi più ne ha più ne metta). Il materiale viene rivenduto a prezzi irrisori e il ricavato va a finanziare i progetti, soprattutto di ricerca o comunque di beneficenza, di cui si occupa ogni fondazione nello specifico. Chiaramente una parte dei guadagni copre le spese di gestione del negozio, il quale però viene gestito da volontari, che scelgono quante ore impegnarsi e con che frequenza.
Mi sembrava un buon modo per buttarmi nella mischia, e oggi sono andata a toccare con mano di cosa si trattasse.

Ho conosciuto David, il manager del negozio, che mi ha illustrato il "lavoro" e mi ha fatto un colloquio molto informale e disinvolto. Io vorrei ringraziare il cosmo per avermi concesso il primo colloquio della mia vita scozzese con un indigeno dall'accento comprensibile e dalla velocità di scansione-parole accettabile. Già immaginavo scene infelici con me che ripetevo "Sorry?" ogni cinque parole, distruggendo per sempre la mia futura carriera di lavoratrice gratuita.
Invece no; e quindi grazie David che ti sei palesato, grazie David che mi hai appioppato IL form da compilare, grazie David che hai parlato da bravo britannico.

Poi il buon David mi ha mollata nelle mani di Lindsey, che si occupa del magazzino, la quale, rimbambita dalle mie chiacchiere e domande varie, mi ha introdotta nel magico mondo della selezione-sacchi-neri-in-cui-c'è-de-tutto-sta-attenta-pure-le-mutande-ce-portano.
Il magazzino è un posto caotico in cui si ammassano sacchi di vestiti da indagare, montagne di libri da selezionare, giocattoli più o meno vissuti, stampelle con cose fantastiche appese in giro...pure un vestito da sposa!
Il magazzino, per una come me, è il paradiso in terra, in sintesi.

Mi faceva notare mia mamma al telefono che, se mi pagavano pure, avevo trovato definitivamente il mio posto nel mondo. :)

E niente, lunedì comincio, con tanto ottimismo.




Nessun commento:

Posta un commento